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LA BARONIA E LA BAIA DI S. ANTONIO
La fondazione di Mylai, ossia della colonia greca, risale al 716 a. C., allorquando i calcidesi di Zancle, la vicina Messina, decisero di dotarsi di un avamposto militare avanzato, rafforzando così le proprie difese e mettendo nel contempo le mani sulla fertilissima Piana e sul porto di Milazzo. La penisola che si protende verso le Eolie non fu dunque una colonia di popolamento. La vita a Milazzo è testimoniata infatti sin dalla preistoria. Ne fanno fede ad esempio la necropoli di tipo protovillanoviano, databile tra il XII e l’XI sec. a. C., dunque alla tarda età del bronzo, rinvenuta da Domenico Ryolo in prossimità di piazza Roma alle soglie degli anni Cinquanta, o quella emersa di lì a poco ai piedi del Castello, in prossimità della Grotta di Polifemo, quando tornarono alla luce sepolture con inumazione entro grandi pithoi deposti orizzontalmente nel terreno, sepolture databili tra il XV ed il XIII sec. a. C.
I Greci, si sa, in Sicilia prediligevano le alture con panorami mozzafiato. A Milazzo non fecero eccezione. Attorno all’antico bianco Faro del Capo, tuttora preziosa guida per i naviganti, recenti indagini archeologiche hanno riscontrato la presenza di numerosi cocci a vernice nera e persino di un coccio (di circa cm. 8×8) finemente decorato col motivo della greca e con una figurina umana a vernice nera, raffigurata in cammino accanto ad un anforone. E’ in questo luogo meraviglioso, in questo estremo lembo del Promontorio che dunque, prima della nascita di Cristo, si svolgeva in parte la vita quotidiana della Milazzo “greca”: tra l’esplosione della vegetazione spontanea, le bianche rocce e l’azzurrissimo mare che, baciato dal sole, risalta la sagoma attraente delle vicine e fascinose isole Eolie. Le centinaia di ulivi secolari disseminati nella sterminata proprietà privata dei baroni Baeli-Lucifero, la “Baronia”, risaltano ancor più la mediterraneità dei luoghi, che è possibile gustare anche attraverso i ristoranti, le pizzerie ed i camping dislocati nei punti più suggestivi, come la “Riva Smeralda” ed il “Cirucco”, vere e proprie cittadelle turistiche in cui il visitatore, ospitato anche in appartamenti, camere e bungalow con vista sul mare, rischia di rimanere stordito dalla straordinaria bellezza dei panorami e persino dei fondali marini, esplorabili – con l’ausilio del personale esperto del diving center – attraverso immersioni subacquee mirate alla conoscenza della fauna e della flora marina e delle meravigliose grotte sottomarine.
Proprio accedendo dal camping “Cirucco” è possibile percorrere, a piedi o in mountain bike, il sentiero della Baronia, dove tra gli ulivi secolari ed i vigneti del “Mamertino” ci si può affacciare per gustare la selvaggia bellezza di Punta Mazza, con annessa spiaggetta raggiungibile dal mare.
Percorrendo l’estremità della penisola milazzese lungo il versante di Ponente ci si imbatte invece nelle meravigliose sinuosità della Baia di S. Antonio, ove sorgeva l’omonima tonnarella, dei cui fabbricati rimangono avanzi nella spiaggetta raggiungibile da un sentiero che s’imbocca lungo la passeggiata panoramica e che conduce ai resti della torretta ottagonale, deliziosa costruzione neogotica del 1895 (ing. Pasquale Mallandrino), residenza estiva di un aristocratico milazzese, per lungo tempo creduta erroneamente una torre militare d’avvistamento, funzione che verisimilmente ebbe invece l’altra (cosiddetta “Torre Longa”) visibile nella strada che conduce al Santuario rupestre di S. Antonio da Padova. Ed è proprio nella spiaggetta e nel sentiero appena citati che è possibile osservare reperti archeologici saldatisi da millenni agli scogli ed ancora le rocce, le stratificazioni geologiche e le conchiglie fossili che hanno attirato sin dalla prima metà dell’Ottocento l’attenzione di autorevoli geologi e malacologi, come attesta peraltro il monumento a Giuseppe Sequenza eretto alcuni anni or sono nella soprastante passeggiata, in prossimità della “Torre Longa”.
Là dove termina la passeggiata, s’imbocca la scalinata che consente di discendere al Santuario rupestre di S. Antonio, il Santo di Padova che secondo la tradizione, in occasione di una violenta tempesta che rendeva impossibile la navigazione, fu ospitato da un eremita proprio in questa piccola grotta, dalla fine del Seicento riccamente decorata con eleganti marmi policromi.
Particolarmente interessanti l’altare maggiore (1699) ed i medaglioni marmorei settecenteschi con bassorilievi raffiguranti episodi della vita del titolare, rappresentato da una statua attribuita allo scultore barcellonese Matteo Trovato (1870-1949). Alcune iscrizioni marmoree arricchiscono la piccola aula della chiesa, dotata di un semplice portale in pietra da taglio posto dirimpetto ad una meravigliosa terrazza panoramica che si affaccia sulla baia e sulle Eolie. Il Santuario nel mese di giugno è meta di devoto pellegrinaggio.
Risalendo la scalinata del Santuario, accanto al cancello, si apre, in direzione del bianco Faro dei naviganti, uno stretto viottolo tra i tradizionali muri a secco di Capo Milazzo (“ammacìe”) ed i fichi d’india, al termine del quale, sulla sinistra, si accede al sentiero che conduce a Punta Messinese, l’estremità del Promontorio e della penisola milazzese. Qui gli ulivi selvatici caratterizzano il paesaggio, con ai loro piedi le giallognole distese in fiore del “Crysantenum coronarium”, pianta spontanea tipica del Capo. Non mancano gli eleganti fiori bianchi della pianta del cappero, che vegeta indisturbata anche nelle antiche muraglie della cittadella fortificata, con la quale la Baronia condivide pure le tane ed i cunicoli di furbissimi coniglietti selvatici che scorazzano qua e là. Uno straordinario punto panoramico rialzato – dove non ci si può sottrarre dallo scattare una buona fotografia ricordo o dall’osservare i volatili in cielo (barbagianni, piccione torraiolo e gheppio, per citarne alcuni di quelli visibili tutto l’anno) – coincide con l’inizio della lunga scalinata che discende sino ai deliziosi “laghetti”, posti nella punta estrema della penisola, dove a sinistra è possibile ammirare lo Scoglio della Portella (o “Carciofo”), che mostra evidenti i segni delle erosioni provocate dal continuo sbattere delle onde, mentre a destra campeggia il suggestivo viso di pietra, scultura naturale ricavata nella bianca roccia, oltre la quale si apre la grotta marina di Gamba di Donna, che trae la propria denominazione da una selce che dal soffitto s’immerge in mare.
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Ultima modifica il: 21 Dicembre 2021